sabato 8 marzo 2014

Mostra di Villa Giulia a Roma


SARDI PELLITI? CALUNNIE

Bell'articolo di Mauro Manunza, oggi 8 marzo, sull'Unione Sarda. E' il report della mostra, che viene definita di eccezionale interesse, realizzata nelle sale di Villa Giulia, nel Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Roma.

Le ricerche archeologiche condotte in Sardegna e nel bacino del Mediterraneo negli ultimi venti anni hanno confermato il ruolo dell'isola quale trait d'union nelle rotte commerciali fra Oriente e Occidente durante l'età del Bronzo (II millennio a.C.).

Grazie a nuove scoperte sul campo e agli studi di numerosi giovani ricercatori, è ormai tramontata la ricostruzione che vedeva i Nuragici quale popolo di pastori e agricoltori dediti alla guerra in un contesto di continua belligeranza fra le diverse tribù.

L'idea di un'isola chiusa all'interno dei propri confini naturali è stata completamente ribaltata in una nuova prospettiva decisamente più articolata in cui il mondo nuragico ricopre un ruolo da protagonista nello scenario culturale europeo fra XIV e IX sec. a.C.

Uno scenario caratterizzato da una fitta rete di relazioni commerciali fra popolazioni, scambi di idee che producono evoluzione e innovazioni fondamentali soprattutto nel campo tecnico e sociale.

La conferenza di Franco Campus, uno degli ideatori della mostra che resterà aperta al pubblico fino al prossimo 16 marzo, illustrerà i tratti salienti della società cui si deve la realizzazione dei simboli oggetto dell'esposizione.

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Forse per la prima  volta, in questa mostra, si dice a chiare lettere che gli abitanti di Ichnusa non erano solo pastori, ma mercanti raffinati e potenti, architetti, costruttori e maestri.
Dice Manunza:
"Paese di santi, di eroi, di navigatori. Forse di poeti. Certo di architetti e costruttori. E di mrcanti. Questa era la Sardegna tra il secondo e il primo millennio avanti Cristo, dall'età del bronzo medio agli albori di quella  del ferro. ... Ormai le prerogative del popolo dei nuraghi sono uscite dal buoi mistero, in gran parte svelate da decenni di studi archeologici ( ...!!!) e pubblicamente proclamate. Il mito è superato da certificazioni di indiscussa autorevolezza quali possono essere vil Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma e gli specialisti che nelle sale del museo hanno messo in piedi una mostra di eccezionale interesse e largo richiamo (potrà essere visitata ancora per un paio di settimane).
... Esposizione di grande fascino che "rivela una civiltà antichissima come quella che ha realizzato le torri di pietra e che dalla Sardegna ha intessuto relazioni commerciali e culturali con le altre popolazioni insediate nel Mediterraneo": questo il commento di Alfonsina Russo, soprintendente per i beni archeologici dell'Etruria Meridionale , artefice della mostra assieme all'etruscologo Marco Edoardo Minoja, soprintendente archeologo della Sardegna, ad interim con Bologna. Il quale spiega che i Sardi di tremila anni fa erano "al centro dei contatti con tutte le sponde del Mediterraneo, centro nevralgico dei traffici di grande importanza e larga percorrenza, fino alle coste atlantiche della Spagna, alle isole Egee, al Tirreno".
Non Pelliti come più tardi li avrebbero definiti i Romani. Certo gli allevatori vestivano di pelli d'animali, ma l'abbigliamento di uomini e donne nei villaggi era composto e, per quei tempi, perfino elegante.
C'erano i sacerdoti, c'erano gli equipaggi marittimi e i guerrieri armati. I Sardi avevano imbarcazioni in grado di affrontare il mare lungo le rotte internazionali trasportando in andata rame e argento, bronzetti e ceramiche (N. : e bottarga e sardine e tessuti e farine e olio e vino?); e al ritorno grandi lingotti di piombo e lo stagno che serviva  per realizzare il bronzo con cui forgiare statuette interpreti della loro vita. E gli scali isolani ricevevano mercanti d'ogni dove, interessati agli scambi d'ogni prodotto. Ma il traffico vivo non riguardava soltanto beni materiali: i contatti diretti diffondevano costumi, così che la cultura degli isolani s'intrecciava con quelle di luoghi anche lontani - Micene, Cipro, Bulgaria, Libano e vicino Oriente, penisola Iberica e più distanti costa atlantiche. Si trovano tracce sarde nell'Europa Centrale. L'anno scorso si è scoperto che i reperti dell'età del bronzo nordica furono prodotti con rame della Sardegna. L'interesse della mostra riguarda ovviamente le relazioni dei Sardi con i vicini Etruschi, quando, ormai, la civiltà nuragica era prossima alla fine mentre i Tyrsenoi cominciavano a espandersi. Le coste orientali distano meno di 200 chilometri dall'Argentario e Capo Linaro. Perciò l'Etruria conosceva e apprezzava le produzioni artigianali nuragiche, simboli di un quasi potere politico, religioso, marittimo. Molto è andato perso nei secoli, ma restano bronzetti e vasi in ceramica venuti alla luce soprattutto da sepolcri  e scavi clandestini: a  Gravisca, Vulci, Tarquinia, Cerveteri, Veio; nel settentrione a Vetulonia, San Feliciano,  Populonia, fino a Pisa e Bologna, al Lazio e alla Campania. Navicelle trovate a Torlonia sono conservate all'Ermitage di San Pietroburgo.
Non tutto è originale sardo. Gli Etruschi (popolo più giovane di quello isolano) riproducevano in grande quantità e a loro volta esportavano nella penisola, continuando a commerciare falsi oggetti sardi quando per la società ormai post -- nuragica si accelerava la crisi aperta dalla cessata produzione del rame cipriota.

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DOMANDE

  1. Non tutto è originale sardo?
  2. Il popolo etrusco è più giovane di quello isolano ... forse perché quello isolano si era trasferito lì in seguito a eventi naturali catastrofici?
  3. Che interesse avrebbe avuto un popolo con una sua cultura a emulare in così tante specificità i sardi?
  4. La civiltà post-nuragica è continuata, dunque, in Etruria?


Ad ogni modo, voglio ringraziare i curatori di questa importante mostra, la considero un passo molto importante verso la riscrittura della nostra storia vera, dei popoli del Mediterraneo e del Mondo.










lunedì 3 marzo 2014

HORUS DI THARROS, CUSTODE DI SHA'AR HA BA'AL, LA PORTA DEL SOLE E DELL'ACQUA.

Il mare di San Giovanni, in perfetto stile rebus,   restituisce, pian piano, nuovi tasselli di lettura. Ecco l'Horus di Tharros emerso da sotto la sabbia pochi giorni fa. Ce lo segnala Stefano Sanna, autore di queste foto.






I PRECEDENTI CARTIGLI, PRATICAMENTE ATTACCATI A QUESTO E CLAMOROSAMENTE ETICHETTATI COME FALSI, MUTI ASSISTONO AL SUSSEGUIRSI DEI RITMI STAGIONALI, ESPOSTI A PERICOLOSE INTEMPERIE. CI PIACEREBBE SAPERE COME MAI NON E' STATO IMPLEMENTATO ALCUNO STUDIO DI VERIFICA IN TEAM. MOLTO PIÙ COMODO DIRE CHE SI TRATTA DI FALSI E ATTENDERE PAZIENTEMENTE CHE SPARISCANO NEL NULLA. A FUTURA MEMORIA, COSI' COME HO RESO REPORT SUI PRIMI DUE CARTIGLI, COSI' FACCIO PER IL TERZO. QUESTO LO STUDIO DI GEORGEOS DIAZ DI MONTEXANO, STUDIOSO SPAGNOLO ESPERTO DI GEROGLIFICI.


Commento di Geogeos Diax - Montexano: In entrambi i casi, se è come se si wArrw (Uarru), wAkrrw (Uakerru), sarebbe il nome di una divinità Falco, locale, Sardegna, cioè l'Horus di Tharros, o intera Sardegna. Anche se nessuno può escludere che Uarru o Uakerru è il nome di un re locale dell'isola.

Nota bene: Tale ipotesi è assolutamente suggestiva, specie in considerazione del fatto che Capo San Marco è la reggia dei falchi pescatori e, ancora oggi, rara patria peri falchi reali. Inoltre, a Cabras, come in tutta la provincia di Oristano, molto comuni sono i cognomi Arru, Aru, Orrù.

Ecco gli altri due cartigli, trovati lo scorso maggio 2013.



El nombre egipcio de Tharros
Georgeos Díaz-Montexano, Scientific Atlantology International Society (SAIS), 200131 
Stefano Sanna, un culto vecino de San Giovanni de Sinis, Cabras,en la hermosa isla de Cerdeña, realizó un hallazgo que de ser autentificado por la comunidad científica internacional, podría convertirse en el más importante descubrimiento epigráfico de laHistoria de Cerdeña, pues estaríamos nada menos que ante la más antigua mención del nombre de la célebre ciudad de Tharros,escrito con jeroglíficos egipcios dentro de un cartucho de ciudad. Este estudio versará exclusivamente sobre el desciframiento y traducción de tales inscripciones jeroglíficas, quedando pendiente el necesario estudio científico que debería ser realizado, a la mayor brevedad posible, para así determinar su verdadera antigüedad. Cartucho de ciudad con jeroglíficos de tipo egipcio hallado junto a la costa en SanGiovanni de Sinis, Cabras, Cerdeña. Foto: Stefano Sanna, junio de 2013.1 Georgeos Díaz-Montexano: http://www.GeorgeosDiazMontexano.com &
http://wiki.atlantisforschung.de/index.php/Georgeos_D%C3%ADaz-Montexano

Descripción de los cartuchos y primeras interpretaciones
Se trata de dos cartelas o cartuchos ovalados de aproximadamente medio metro cada uno, dentro de los cuales aparecen inscritos varios signos jeroglíficos egipcios o de tipo egipcio. En el cartucho que llamamos nº 1 se aprecian tres claros signos jeroglíficos, que a juzgar por la orientación del jeroglífico de un león tumbado, resulta evidente que fueron escritos de derecha a izquierda, según la norma más frecuente entre los egipcios y los mismos fenicios. En el segundo cartucho, aunque más ilegible, se pueden reconocer con seguridad tres signos jeroglíficos y uno o dos, muy dañados.
Los primeros intentos por interpretar lo que tales signos jeroglíficos significaban, según las fuentes que he podido consultar, parten de dos estudiosos de las antiguas escrituras: Giorgio Valdes y el conocido epigrafista Gigi Sanna. El primero expuso que en el cartucho nº 1 él reconocía los signos t(j)-r(w)-t, pero que t(j) también era un pronombre femenino ('usted'), y también explicó que el jeroglífico del león tumbado,
además de tener un valor fonético, es también un ideograma que, en este caso, estaría seguido por la terminación femenina t, por lo que propuso que podría ser leído o traducido como: “tu, rut” o “tu leonessa”.5 En castellano: "usted, la leona". Sobre el cartucho nº 2, Valdes reconoció también la dificultad de poder entender el signo que vendría después de los dos primeros que en egipcio presentan el valor fonético p y n. Dice exactamente:
“Per la seconda non è leggibile il secondo geroglifico a sinistra che potrebbe anche indicare il senso di scrittura, ma anche in questo caso dovrebbe trattarsi di un nome tipo "p....n-p"/"p...nep" o "p-n....p"/pen...p" o qualcosa del genere. Sarebbe interessante se in zona si ritrovassero toponimi simili”6 El destacado epigrafista Gigi Sanna, también de la ilustre isla de Cerdeña, expuso su idea de que, al menos en el cartucho nº 2, podrían hallarse signos de escritura proto-sinaítica o proto-cananea.7 Posterior a las interpretaciones de los citados estudios, Gigi Sanna y Giorgio Valdes, nada más se volvió a publicar sobre el posible significado y antigüedad de estos dos cartuchos inscriptos con jeroglíficos de tipo egipcio. Y así fue hasta que el 27 de Agosto de este año de 2013, pude ver por primera vez la foto de el cartucho nº 1 a través de una publicación de Andrea Mulas. De inmediato reconocí lo que podría ser el nombre de Tharros o Tharra escrito en el interior del cartucho. Publiqué una nota explicando mi propuesta de identificación. En realidad, dos propuestas o hipótesis. La primera propuesta, o sea, la que me parecía más probable: T-rw-a (Tcharrua o Tharra), y la segunda, T-rw-z (Tcharrus o Tharrus).8 En cualquiera de los dos casos, me pareció más que evidente estábamos ante el nombre mismo de Tharros o Tharra, (gri. Θάρρας), escrito con caracteres jeroglíficos de tipo egipcio.
De inmediato mi propuesta tuvo una buena acogida entre todos los estudiosos antes citados. La sensación que he percibido es de entusiasmo y de que mi propuesta de traducción podría ser la acertada. Es decir, que
estaríamos ante la más antigua mención escrita del nombre de Tharros. Tal como expliqué el 27 de Agosto, el texto fue escrito de derecha a izquierda (según la norma más frecuente de los egipcios y de los fenicios),
y se leería como: T-rw-a (Tcharrua o Tcharra), o sea, Tharra. Pero también dije que sería posible que se pudiera leer como T-rw-z (Tcharrus o 5 
http://ilritornodiabraxas.blogspot.com.es/2013/06/geroglifici-di-tharros-sensazionale.html? showComment=1371229336904#c2052229963282825143
6 Idem.
7 http://monteprama.blogspot.com.es/2013/06/sprachlos.html?
showComment=1371230571836#c319667320385391015
8 https://www.facebook.com/georgeos.diazmontexano/posts/10201962292361639

Tharrus), y que para mi quedaba claro que se trataría del mismo nombre de Tharros, el mismo que los griegos escribían como Θάρρας. Un día después, Giorgio Valdes, en un post privado (visible solo para
amigos) de la página facebook del epigrafista Gigi Sanna, comentó que el jeroglífico que aparece al final del texto del cartucho nº 1, a la izquierda, detrás del león tumbado (E23) con valor fonético rw, en realidad podría tratarse del jeroglífico D41 .9 Este jeroglífico era usado para varios esta nueva hipótesis de Valdes, entonces la lectura que inicialmente propuso: “tu, rut” o “tu leonessa”, tendría que ser modificada con una
nueva interpretación o traducción. Yo interpreto (en mi hipótesis 9 https://www.facebook.com/gigi.sanna.98/posts/10201042602520780?
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 Un día después, Giorgio Valdes, en un post privado (visible solo para amigos) de la página facebook del epigrafista Gigi Sanna, comentó que el jeroglífico que aparece al final del texto del cartucho nº 1, a la izquierda, detrás del león tumbado (E23) con valor fonético rw, en realidad podría tratarse del jeroglífico D41 .9 Este jeroglífico era usado para varios valores fonéticos como nj (ni), rmn, grH, y mH. Por tanto, de ser correcta esta nueva hipótesis de Valdes, entonces la lectura que inicialmente propuso: “tu, rut” o “tu leonessa”, tendría que ser modificada con una nueva interpretación o traducción. Yo interpreto (en mi hipótesis 9 https://www.facebook.com/gigi.sanna.98/posts/10201042602520780? comment_id=5667051&offset=0&total_comments=33


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